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Goya
Dopo Francisco Goya, bisogna arrivare al XX
secolo per incontrare pittori spagnoli davvero degni di fama. Ma che artisti!
Uno su tutti: il grande genio del Novecento, Picasso, creatore con Braque
nel 1907 del movimento avanguardista del Cubismo. Se già Cezanne aveva
parlato di scomporre la realtà secondo le forme geometriche, Picasso mise in
atto tale intuizione dando vita alla prima consapevole e programmatica
operazione di “astrattizzazione” geometrica della pittura figurativa
tradizionale.
Picasso scelse tuttavia di vivere gran parte della propria
esistenza, dopo il periodo della formazione a
Barcellona, in Francia, tra Parigi
e la Costa Azzurra, anche se non pochi suoi quadri si ispirano alla Spagna (la
corrida, ad esempio, fu uno dei suoi temi preferiti) e il suo dipinto più
conosciuto, Guernica (1937, Centro de Arte Reina Sofía, Madrid), fissa
sulla tela uno degli episodi più atroci della guerra civile spagnola, il
bombardamento della città di Guernica, appunto, in modo eloquente, ma astratto
al contempo, con molteplici elementi citazionismi di stili diversi, dal
primitivismo al cubismo, dall'espressionismo alla pittura naif. Spagnolo anche
il cubista Juan Gris, attivo soprattutto a Parigi. |
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Altro discorso va fatto invece per il surrealismo, magica espressione dei
sogni, delle fantasie, delle fughe creative di certi artisti dinanzi alle troppo
grandi problematiche del Novecento. Basti pensare a
Salvador Dalì, ma anche a Joan
Mirò. Il primo emigrò nel 1939 negli Stati Uniti esportando le sue forme, le
sue idee ed il suo estro pazzoide oltreoceano, mentre il secondo rimase sempre
legato a Barcellona e dintorni, vivendo a lungo nell'isola di Maiorca. Il suo
stile, immediatamente riconoscibile ai più, può essere definito il frutto
dell'incontro tra surrealismo e astrazione, all'insegna di un'alchimia unica e
irripetibile di linee, colori, suoni della mente. Sotto, il meraviglioso
“Carnevale
di Arlecchino”, del 1924; la tela viene esposta per la prima volta
nel giugno del 1925 in una mostra alla Galerie Fierre, a Parigi, organizzata da
Breton, leader del movimento surrealista. L'opera si presenta come un grande
spettacolo, un carrozzone pieno di piccoli giocattoli fantastici, oggetti
strani, infantili diavoletti, strani esseri informi, mostriciattoli che escono
da cubi che si attorcigliano su asticelle sottili, molti sono sospesi a
mezz'aria come giocolieri nel paese delle meraviglie. Oggetti simboli, questi di
Mirò, fluttuanti in uno spazio appena accennato che richiamano alla mente una
pittura infantile e primitiva che nessuno dei compagni surrealisti dell'artista
aveva ancora esplorato in quegli anni. La disposizione delle figure all'interno
della composizione, senza piani e spazi definiti, ricorda i dipinti
quattrocenteschi di Hieronimus Bosch, da poco osservati al Louvre dallo stesso
Mirò.
Mirò, liberando la sua fantasia, è riuscito a creare,
tuttavia, una realtà alternativa a quella fisica, ugualmente fisica e reale.
Mirò, infatti, amava ripetere che i suoi mondi proprio perché creati da forme
non sono astratti ma sono veri: la forma, per Mirò, non è mai astratta, è come
un algoritmo matematico, ha un inizio ed una fine. Lo stesso artista anni dopo
spiegò il significato del dipinto: la scala indica la fuga dal mondo,
l'evasione, la libertà; gli animali sono quelli che amava lo stesso M. e di cui
sempre si circondava, il gatto colorato, ad esempio, è un omaggio a quello che
aveva sempre vicino quando dipingeva; la sfera sulla destra simboleggia il globo
terrestre, il triangolo che appare dalla finestra evoca la Tour Eiffel e Parigi
dove risiedeva in quegli anni. Tutto per Mirò aveva una vita segreta, nascosta
ai più… a volte non mangiava e camminava per ore per vedere con altri occhi,
allucinati, ma vivaci, quella realtà diversa, celata… Egli dava enorme
importanza alla pittura infantile perché i bambini, non condizionati dalla
società, riuscivano ad avvicinarsi meglio al mondo delle fiabe, le vivevano, le
gustavano meglio di quanto potesse fare un adulto.
Dopo la II Guerra Mondiale il linguaggio dell'espressionismo astratto, meglio
noto come “Informale”, ha fatta da padrone con artisti del calibro di Antoni
Tàpies, materici e tattili sopra ogni cosa.
E l'architettura nell'Otto\ Novecento? Analogamente a quanto avvenne
negli altri paesi europei, per quasi tutto l'Ottocento l'architettura spagnola
fu attraversata da vari tentativi di recupero dei modelli passati. Tra 1880 e
1920 si assistette tuttavia alla fioritura di una variante nazionale di Art
Nouveau (lo Stile modernista), che ebbe il suo principale centro a Barcellona,
con l'opera di Gaudì. Il disegno
estroso e gli ornamenti stravaganti delle sue costruzioni, fantasiose e
memorabili come il Palazzo e il Parco Güell (1885-1889; 1900-1914), la Casa
Batló (1905-1907), la Casa Milá (1905-1910) e la chiesa della Sagrada Familia,
della quale ancora oggi si continua la costruzione sulla base del suo progetto,
fanno di Gaudí uno degli architetti europei più originali del suo tempo, tuttora
oggetto di grande ammirazione da parte di esperti e profani visitatori della
Spagna. Barcellona continuò a essere un terreno fertile per lo sviluppo
dell'architettura spagnola contemporanea e oggi è uno scrigno architettonico in
grado di ospitare anche l'arte contemporanea dando spazio alle attuali
avanguardie.
In generale la Spagna ho fortemente promosso un
turismo di tipo culturale, investendo in diversi musei e gallerie oramai celebri
quali il
Guggenheim di Bilbao,
che ha rilanciato Bilbao anche economicamente, e il Museo d'Arte Contemporanea
di Barcellona, gettandosi in avanti con ponti e edifici progettati da celebri
architetti, guardando al futuro con ottimismo.
Questo viaggio tra i secoli della storia e dell'arte
spagnola vorrebbe solo far capire come oggi tante forme iper-moderne, sperimentali,
apparentemente fredde, sia dell'architettura che dell'arte performativa, della
video arte, delle installazioni oggettuali, siano in realtà approdo coerente di
un cammino di ricerca costante e di pari curiosità alla ricerca della forma e
del messaggio che meglio esprimano la sensibilità, il gusto, le caratteristiche
del momento in questione… senza mai fermarsi, all'insegna di una costante,
inesausta ricerca di sé e della migliore espressione di sé.
Laura Panarese
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