Introduzione
Scheda riassuntiva sulla Spagna
▪
Preparatevi a partire per la Spagna
Città della Spagna
▪
Isole spagnole
▪
Frasario per sopravvivere in Spagna
▪
Hotel in Spagna
▪
Ostelli in Spagna
Geografia-Economia-Società |
▪
Raggiungere la Spagna
▪
Geografia della penisola iberica
▪
Clima in Spagna
▪
Mappa della Spagna
▪
Le 17 Comunità Autonome spagnole
▪
Mappa ferroviaria
▪
Economia
▪
La popolazione
Storia-Cultura-Tradizioni |
▪
Storia della Spagna
▪
Tradizioni spagnole
▪
Personaggi famosi spagnoli
▪
Letteratura
▪
Lingua Spagnola
▪
Arte
▪
Le danze tradizionali
▪
La corrida
▪
La famiglia reale spagnola
▪
La cucina spagnola
▪
Le feste spagnole da non perdere
▪
Natale in Spagna
▪
Cinema
▪
Musica
▪
Shopping
▪
Approfondimenti
▪
Glossario
▪
Il sistema scolastico
nazionale
▪
Erasmus Socrates in Spagna
▪
Lavorare in Spagna
▪
Come comprare casa in Spagna
▪
Costituire una società e fare affari in Spagna
Scrivici per osservazioni o altro |
Sei qui ►
Arte in Spagna ►Francisco Goya
Francisco Goya
▪
Arte in Spagna
▪
Arte
antica in Spagna
▪
Il Romanico in Spagna
▪
Il Gotico in Spagna
▪
Arte del
Cinquecento in Spagna
▪
Arte del
Seicento in Spagna
▪
Arte
del Settecento in Spagna
▪
Arte
moderna spagnola
Francisco Goya
(1746 – 1828), figlio di un doratore e di una
giovane discendente da una famiglia nobile decaduta, frequenta a
Saragozza lo studio del pittore José
Luzán. Attratto da Madrid, tenta
di entrare all'Accademia, ma viene bocciato. Di ritorno da un viaggio in Italia,
sostenuto dal cognato, pittore molto noto, e dall'artista tedesco Mengs, riceve
le prime commissioni a Saragozza e nei centri vicini.
Nel 1775 viene incaricato di compiere una serie di
cartoni di arazzi per la Manifattura Reale di Santa Barbara: il lavoro lo
impegna per diversi anni e gli procura la stabilità economica. In questi
cartoni, oltre sessanta, rappresenta scene di vita popolare in uno stile ancora
legato alla tradizione settecentesca, sulla scia di Tiepolo, ma già carica di un
nuovo, vibrante realismo. La ricchezza dei colori e l'accento mondano e vivace
di questi lavori affascinarono la corte e la nobiltà madrilena che cominciarono
a commissionargli dei ritratti; Carlo IV lo nominò "pittore di camera"
del re. Per disgrazia però, nel momento più promettente della sua vita, viene
colpito da una malattia che lo lascerà quasi del tutto sordo. L'avvenimento
influirà profondamente sul suo carattere e sulla sua pittura. In essa
appariranno sempre più frequentemente colori cupi, accenti drammatici,
materializzazioni deformi di incubi e paure: lo documentano i “Capricci”,
altra serie di incisioni, ma questa volta il tema è la superstizione cieca e
sorda, appunto, del clero spagnolo, oltre che i vizi e le brutture dell'uomo.
Goya mostra di avere già una spiccata sensibilità
“romantica” per il mostruoso, il deforme, il misterioso, elementi che proprio in
quegli anni si facevano spazio nel gusto letterario ed artistico degli uomini.
Nel 1799 dipinge il ritratto della famiglia reale,
l'apoteosi della sua carriera a corte, ma anche una svolta di grande intensità
nel suo codice espressivo: la famiglia di Carlo IV è ritratta senza anima, senza
idealizzazione, tanto che la volgarità e la vacuità dei personaggi ritratti
traspare dalle espressioni e dalla posizione rigida delle figure, elementi che
li fanno apparire come tanti manichini. Il colore spento non fa che sottolineare
l'inconsistenza morale dei personaggi.
Nel 1808 le truppe napoleoniche costringono Carlo IV e
suo nipote Ferdinando, protettore di Goya, ad abdicare in favore di Giuseppe
Bonaparte. Il pittore perde così la sua posizione, ma prosegue la serie dei
ritratti spagnoli e francesi.
Alle
80 incisioni dedicate ai “Disastri della guerra” l'artista affida di più
la propria interiorità e la lucida, spietata denuncia della bestialità, della
violenza e della crudeltà di cui fu testimone dopo l'invasione delle truppe
napoleoniche.
Deluso dal crollo degli ideali, Goya fissa nella sua
opera di più alta intensità drammatica, Il 3 maggio 1808: la fucilazione alla
montagna del Principe Pio (1814, Prado, Madrid), il martirio del suo popolo.
Alla nota angosciosa delle ripetitive figure dei fucilieri, presi di spalle,
perciò senza volto, come la cattiveria umana, l'artista contrappone la figura
abbagliante del martire, scuro di pelle, di bianco vestito, nell'attimo che
precede il colpo mortale, così come all'immobilità dei soldati oppone il moto
tragico dei condannati che salgono lenti sulla collina. La potenza del
linguaggio di Goya e il taglio straordinariamente innovativo, fotografico
della tela consentono di includere di diritto l'artista nel movimento
romantico, sia per sensibilità, sia per stile, colori, realismo, pathos.
Non
posso tuttavia non citare un'opera nota a tutti, sebbene di tutt'altra natura e
sensibilità, per dimostrare quanto sia
complesso e ricco nella sua varietà il linguaggio di Goya: la bellissima “Maja
desnuda” 1800, cui fa da contraltare la “Vestita”), il primo nudo della
pittura spagnola dopo la lontana e filtrata immagine riflessa della “Venere allo
specchio” di Velázquez.
Le pitture di Goya, questa come le altre, per quanto varie e diverse possano
essere, posseggono tutte un'estrema immediatezza, una grandissima forza,
rivelano la vivacità aggressiva del suo temperamento e il suo morboso, ostinato
attaccamento alla vita. Il suo stile è vibrante, basato sui contrasti cromatici
e luministici e su un fare a tratti bozzettistico, tirato via, rapido, che
consente all'immagine di imporsi con più forza. Così rende la realtà nel suo
farsi, requisito che gli guadagnerà l'ammirazione degli impressionisti.
La produzione di Goya è immensa: un migliaio di
disegni, all'incirca 500 pitture, 280 tra litografie e acqueforti. Sarebbe
assurdo pretendere di racchiuderla in una formula. E' certo tuttavia che
l'esempio di Goya sia stato decisivo per la stagione artistica contemporanea
spagnola e non solo.
Laura Panarese
|