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Può
il
sogno
spagnolo
di Zapatero,
una sorta di
sogno americano europeo,
preso a modello da molti anche in Italia, frantumarsi nel giro di pochi
mesi?
La risposta è sì. E’ bastato davvero poco tempo a
spegnere gli entusiasmi per il governo socialista, un governo amato
dagli spagnoli per essere amico delle donne, in grado di dare maggior
attenzione alla
laicità, aperto al dialogo, attento alle imprese e ai giovani.
Progressivamente si sono ridimensionate le speranze di quanti guardavano
alla Spagna, pensando “farei meglio a trasferirmi là” ed il sogno è
tramontato, anche per i tanti italiani che progettavano di fuggire in un
paese europeo vicino per distanza e per cultura alla nostra bella
penisola.
Perché una fine così repentina per il Governo Zapatero?
Gli spagnoli hanno voluto punire Zapatero, ritenendolo il principale
responsabile dello
tsunami economico
che si è abbattuto
sul loro paese, o almeno colpevole di non essere riuscito a far niente
per affrontare la crisi economica. Altro che sogno spagnolo! Il paese si
è risvegliato con l’incubo della recessione, senza qualcuno al potere in
grado di agire tempestivamente e al tempo stesso capace di
tranquillizzare la gente. Nessuno ci sarebbe riuscito con una crisi così
grave ed estesa? Forse, ma gli spagnoli hanno creduto giusto addossare
al loro leader la colpa maggiore.
Alla
guida del partito socialista spagnolo (PSOE)
è succeduto a Zapatero
Alfredo Rubalcaba.
Quest’ultimo ha ottenuto al congresso del partito socialista più voti
della sfidante, amica di Zapatero donna e quarantenne,
Carme Chacon,
in un testa a testa dall’esito incerto fino alla fine. Ma è stato tutto
inutile per gli spagnoli che non hanno premiato la nuova scelta interna
del partito socialista…
A
livello centrale, a seguito delle dimissioni di
Zapatero,
avvenute 6 mesi prima della fine della legislatura, le
elezioni legislative
anticipate del 20 novembre 2011 hanno visto una vittoria nettissima da
parte del partito rivale dei socialisti, il Partido Popular di
Mariano Rajoy,
che ha ottenuto 186 seggi al Congresso dei Deputati contro i 110 dei
socialisti di
Rubalcaba,
e 136 contro 48 al Senato. Il divario nella percentuale dei voti tra le
due principali forze politiche iberiche è del 44,62% (PP) contro il
28,73% (PSOE).
Il parlamento ne è
uscito più frammentato: oltre alle due forze principali, sono 11 (contro
gli 8 del 2008) i partiti che hanno ottenuto una rappresentanza al
Congresso dei deputati. Buono il risultato del partito di estrema
sinistra Izquierda Unida con il 6.92% (11 seggi contro i 2 del 2008),
mentre il partito catalano Convergenza e Unione ne ha ottenuti 16, poi
ben 9 partiti minoritari con almeno un seggio. Decisive per la vittoria
dei Popolari sono state le province del sud e in particolare
l'Andalusia, che tradizionalmente votava socialista ma questa volta si è
schierata con i Popolari.
Grazie a questo risultato il PP si è trovato con una
solida maggioranza
assoluta
(sarebbero bastati 176 seggi), che gli permette di legiferare senza
necessità di alleanze con partiti minori e con la tranquillità che PSOE
e Izquierda Unida, anche se alleati, non arriverebbero a contrastarlo
numericamente perché non avrebbero i 186 seggi del Popolari.
Dopo
l'elezione,
Rajoy
ha
dichiarato di voler far valere le ragioni della Spagna all’interno
dell’Unione Europea, confermando
che il paese sarebbe comunque restato leale e collaborativo. Rajoy
ha dovuto giocare duro contro
la crisi, imponendo molti sacrifici alla
gente. Nel tentativo di salvare il paese ha chiesto e ottenuto l'aiuto
della Banca Centrale Europea, senza il cui intervento, ha affermato, la
Spagna sarebbe fallita e non avrebbe più avuto i soldi per pagare
pensioni, stipendi pubblici, istruzione, sanità e sicurezza. Altre
misure di austerità adottate sono state il taglio di 3 milioni di
dipendenti pubblici, il taglio delle tredicesime, l'aumento dell'IVA, la
riduzione dei sussidi di disoccupazione. Forte il
malcontento popolare
di
fronte a tali e tanti sacrifici, numerosi gli scioperi e le proteste,
con la folla immortalata dalla stampa mentre batte le pentole sotto il
congresso che decide sui tagli. In ambito politico si è tagliato, ma
poco in confronto ai sacrifici che si sono chiesti alle persone comuni:
taglio del 20% del finanziamento pubblico ai sindacati, riduzione di un
terzo dei consiglieri degli enti locali e riduzione delle indennità dei
sindaci.
L'emigrazione
di
chi ha fra 25 e 45 anni nel 2011-2012 è cresciuta del 44%: gli spagnoli
scappano, intorno a loro nel resto d’Europa la situazione non è allegra,
la nuova emigrazione si dirige verso il nord, verso la Scandinavia e la
Germania.
Non ci resta che
attendere il prossimo sogno…
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